Due recenti “sentenze-bufera”, della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce (n. 909/5/09 del 23/10/2009 – Sez. 5 – depositata il 16/11/2009 – RGR n. 709/08) e del Tribunale di Udine (Sez. Civile n. 1183/09 del 04/06/2009, depositata il 20 agosto 2009, cronol. n. 3454/09), hanno polarizzato, all’improvviso, l’attenzione della maggior parte degli interpreti sulla particolare modalità della notificazione a mezzo posta.
Fino ad ora, gli studiosi si sono soffermati, per lo più, ad interpretare e chiarire l’ambito oggettivo delle notificazioni, in particolare inquadrando i possibili vizi, principalmente, quali violazioni di norme sui soggetti legittimi destinatari delle stesse.
Ma adesso, lo sguardo si è spinto altrove, e la nuova questione è: chiunque può effettuare le notificazioni di atti tributari? Si spinge fino a questo punto il criterio di specialità di tale disciplina? È, o non è, in coerenza con il principio di trasparenza, che esista, anche in questo ambito, un soggetto identificato, ed identificabile, a priori, come lo è, ad esempio, l’ufficiale giudiziario?
E, si ritiene, sia questo il punto dal quale occorre partire per comprendere, fino in fondo, l’innovazione di tali due provvedimenti. In particolare, la Commissione Tributaria di Lecce, ha stabilito che: “La possibilità di notificare la cartella mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento va riferita sempre agli ufficiali della riscossione o altri soggetti abilitati i quali possono avvalersi del servizio postale, mentre sono illegittime le notifiche eseguite direttamente dall’agente della riscossione.
Il tema della notifica degli atti che incidono nella sfera patrimoniale del cittadino è stato rigorosamente disciplinato dal legislatore negli artt. 26 D.P.R. 602 del 29 settembre 1973 e 60 D.P.R. 600 del 29 settembre 1973, laddove vengono dettate tassative prescrizioni, finalizzate a garantire il risultato del ricevimento dell’atto da parte del destinatario ed attribuire certezza all’esito del procedimento notificatorio.”
E, quasi come se avessero voluto dare una continuità logica a tale principio, i giudici del Tribunale di Udine, hanno concluso che: “non è consentito al concessionario di estendere la norma (l’art 26 D.P.R. 602 del 29 settembre 1973)fino al punto da rendere anonimo ed impersonale l’invio della lettera raccomandata e di impedire qualsiasi forma di verifica sul rispetto della procedura”. Si ritiene tale orientamento totalmente in conformità con i principi di diritto che sono alla base del nostro ordinamento. Tuttavia, vi sono argomentazioni contrarie in dottrina. Valga fra tutte, in questa sede, la tesi del Dott. Angelo Buscema, esposta in un articolo pubblicato sul sito www.commercialistatelematico.com, che, in sintesi, si basa su questi punti: a) la notifica a mezzo posta interpretata come “autonoma forma di notifica delle cartelle esattoriali, che può essere effettuata, a differenza delle normali notifiche, con il semplice invio dell’atto a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento”; b) “perfetta alternatività tra la notificazione con le modalità ordinarie e quella tramite raccomandata con avviso di ricevimento”; c) “l’inesistenza giuridica della notificazione quando quest’ultima manchi del tutto o sia effettuata in modo assolutamente non previsto dalla normativa, tale, cioè, da impedire che possa essere assunta nel modello legale della figura”. Saranno evidenti, nel corso dell’elaborato, le argomentazioni a confutazione di tale orientamento. Si ritiene opportuno, tuttavia, esaminare, nel dettaglio, l’intera disciplina delle notificazioni, muovendo da quella, più generale, che riguarda le vicende degli atti processuali e le loro patologie.
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